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Rassegna Stampa : da 'Avvenire' del 31 agosto 2014
Wojtyla, l'interprete del secolo XX

 
Wojtyla, l'interprete del secolo XX
(la prefazione del Cardinale Sepe al lavoro di Agnes e Zappella su Giovanni Paolo II. Un'opera che contestualizza l'universalità, l'ecclesialità e la spiritualità del suo magistero nella storia della Chiesa)
 
 
CRESCENZIO SEPE
 
Si è detto che non si capirebbe il secolo vente­simo prescindendo dalla presenza e dall’ope­ra di Giovanni Paolo II. È una giusta valuta­zione storica che va meglio articolata. Questo Papa non è stato solo un testimone degli e­venti fondamentali, che hanno scandito, so­vente in maniera tragica, lo scorrere del seco­lo, ma si è immerso in essi [...]. L’intero magistero di Giovanni Paolo II fa risuonare, dap­pertutto, la voce del Concilio, la chiarisce, la spiega, la ap­profondisce. Non c’è ambito ecclesiale, non c’è settore so­ciale, non c’è ambiente umano in cui Giovanni Paolo II non intervenga per la redenzione dell’uomo, per dare forma e consistenza a quel rinnovamento universale, annunciato dal Vangelo e auspicato dal Concilio.
 
Non desta stupore, quindi, se la personalità carismatica di questo Papa, la sua passione per l’uomo, la sua coraggiosa denuncia dei mali del mondo, la difesa e la promozione dell’umanità più povera e sofferente, la sua azione per ri­spondere alle attese e alle speranze dei popoli abbiano at­tratto l’attenzione di un’ampia schiera di studiosi, giorna-l­isti, teologi storici, politologi anche i più critici. Ben pre­sto, la bibliografia su Giovanni Paolo II è andata assumen­do vaste proporzioni. Vi si trova un po’ di tutto. Biografie, brevi antologie di detti, studi su aspetti particolari del Pon­tificato, testimonianze, interviste e dialoghi, ricordi, anali­si storiche, politiche, sociali, spirituali, commenti alle en­cicliche, opere che trattano segmenti di carattere teologi­co. Pure, manca un lavoro completo e compiuto sull’inte­ro pontificato, in grado di presentare l’intero contenuto del magistero di Giovanni Paolo II, le sue linee direttrici, l’ispi­razione di fondo, il pensiero teologico e filosofico, l’inte­grale azione pastorale e sociale, la spiritualità.
 
Ebbene questa lacuna ora viene colmata dall’opera Gio­vanni Paolo II Linee di un pontificato, in due volumi, di Mario Agnes e Michele Zappella pubblicata dalla Li­breria Editrice Redenzione. Quest’opera si segna­la, prima di tutto, per l’ottica con cui si rivolge al pontificato di Giovanni Paolo II. Essa non sosta dinanzi a esso, ma si muove 'dal di dentro' facendo parlare il Papa stesso, in modo tale da giungere a una visio­ne complessiva, storica, teologica pa­storale, spirituale, quanto più fedele possibile alle vere e reali intenzioni del suo protagonista. Quindi essa non of­fre un’interpretazione tra le tante, sul pontificato di Giovanni Paolo II, bensì am­bisce a illustrare l’interpretazione che ne dà Giovanni Paolo II stesso.
 
L’opera non si limita a illustrare, commentare, connettere i dati forniti dalle fonti, ma li conte­stualizza in sede storica, teologica, pastorale, spiri­tuale, culturale, sociale, politica, economica. In tal mo­do, il pontificato appare nella sua verità, vivamente inne­stato nella grande Tradizione della Chiesa, nel solco del Concilio, nelle vicende storiche, nei processi culturali plu­risecolari, di cui si dispiegano le motivazioni, gli andamenti, le influenze. Il panorama, così, si allarga all’umano e al­l’ecclesiale nella loro universalità.
 
Il problema più grave, che si presentava agli autori del­l’opera, era quello di convogliare il magistero più impo­nente nella storia del Papato entro delle direttrici gene­rali da stabilire all’interno del magistero stesso, così da renderlo più facilmente percorribile. Impresa tutt’altro che semplice, tenendo conto della complessità di un magistero che ha detto tutto su tutto. Ebbene, gli autori hanno individuato tre linee direttrici come supremi pun­ti sintetici di orientamento: universalità, ecclesialità, spi­ritualità che vengono esposte nelle tre parti distinte e in­terdipendenti dell’opera.
La parte prima dell’opera tratta dell’universalità, pro­prietà e vocazione della Chiesa, appunto cattolica, da cui si sprigiona la missione di «andare e ammae-s­trare tutte le nazioni» in obbedienza al mandato che Gesù Cristo dà ai suoi discepoli di ogni tempo. È indubbio, come rilevano gli autori, che «negli anni di Giovanni Paolo II, la Chiesa attua la sua potenzialità universale con una in­tensità inedita». L’universalità riflette l’aspirazione prima e il traguardo ultimo del pontificato di Giovanni Paolo II, ne rappresenta la linea fondamentale che l’anima e lo guida, lungo le vie del mondo, per rispondere alla con­segna missio­naria del Concilio e alle attese salvifiche di immense moltitudini. Suo manifesto ed evidente segno è il viaggio in ogni parte del mondo come pellegrinaggio dell’evangelizzazione. Nessun Papa ha viaggiato quanto Giovanni Paolo II: il viaggio, quin­di, penetra nel suo ministero apostolico come eletto stru­mento principe della missione di evangelizzazione e di pro­mozione umana, propria della Chiesa, di cui il Papa si ca­rica e si incarica in prima persona [...]. Nella parte seconda dell’opera, si dispiega la linea dell’ec­clesialità strettamente collegata con la linea dell’universa­lità. Infatti l’universalità salvifica della Chiesa, radicata sul­l’universalità della redenzione di Cristo, volta alla reden­zione universale dell’uomo, coinvolge l’intero Popolo di Dio, tutti i suoi cittadini, in breve l’ecclesialità in ogni sua componente. Come scrivono gli autori, «da qui, si profon­de l’impegno pastorale di Giovanni Paolo II: animare tutte le componenti dell’ecclesialità nell’opera dell’universalità da manifestare e concretizzare».
 
Perché si ridesti tale sensus dello Spirito, il Papa stabilisce un itinerario di rinnovamento interiore e pastorale che cul­mina nel grande Giubileo del 2000, la cui preparazione è data dall’impegno a incarnare il Concilio nel tessuto del­l’ecclesialità. Nel pensiero di Giovanni Paolo II, il rinnova­mento giubilare ha preso avvio dal rinnovamento conciliare. Può ben dire il Papa che la preparazione dell’Anno 2000 è «la chiave ermeneutica» del suo pontificato: proprio per­ché il Papa del Concilio, Giovanni Paolo II è il Papa del gran­de Giubileo. Perché, poi, l’ecclesialità “prenda il largo” nell’adempimento della sua missione di estendere, nello Spirito, l’universalità della Redenzione, è assolutamente indispensabile che es­sa si incammini lungo la via maestra della spiritualità, sen­za mai dimenticare che, per natura e vocazione, la vita cri­stiana è un cammino nello Spirito Santo e secondo lo Spi­rito Santo, vale a dire un cammino di santità.
 
Spiritualità: ecco la terza linea direttrice del pontificato di Giovanni Paolo II che regge e guida le altre due: ecclesialità e universalità. La parte terza del lavoro di Agnes e Zappel­la è, appunto, dedicata alla spiritualità.
Giovanni Paolo II è il terminale della riscoperta del­la santità universale nella Chiesa. Egli propone u­na vera e propria “pedagogia della santità”, anima­ta dall’«arte della preghiera». Per il Papa, «la pre­ghiera è il grande atto spirituale che esprime in modo fon­damentale la dipendenza dell’anima nei confronti del Si­gnore che ci ha riscattati: noi viviamo continuamente del­la sua grazia… La vita cristiana, la vita religiosa è una vita che si riceve da Dio, nell’azione di grazia, nella supplica e nella disponibilità naturale dell’anima».
 
La risposta esaustiva agli interrogativi più drammatici del­l’esistenza non viene dalla scienza, muta dinanzi al miste­ro della sofferenza, bensì unicamente da Cristo che si ca­rica del peso di tutta la sofferenza umana per redimerla, e­stirpandone la radice malefica. Insegna il Papa: «La soffe­renza è la via obbligata della salvezza e della santificazio­ne. Per diventare santi, possiamo mancare di questo o di quel carisma, di questa o di quella attitudine particolare, ma non possiamo essere dispensati dal soffrire. Il soffrire è un ingrediente necessario della santità. Come lo è l’amo­re ». Agnes e Zappella possono, così, concludere: «Nell’ottica della spiritualità della sofferenza, appare chiaro che la sof­ferenza non è un subire passivo, un inerte ricevere quanto, prima o poi, è inevitabile, ma è suprema attività dello spi­rito umano che si apre alla mozione dello Spirito Santo, do­nante la grazia della conformazione a Cristo mediante la sofferenza. I santi si convertono alla sofferenza, accoglien­dola, anzi abbracciandola, più che come prova inviata da Dio, come grazia dello Spirito santificatore».
 
Entrato nel Palazzo di Diocleziano, a Spalato, Giovanni Pao­lo II, insieme al ristretto gruppo dei suoi più vicini collabo­ratori, mormorò: «Qui, la storia non stava zitta». Queste pa­role ben s’addicono al pontificato di Giovanni Paolo II. La storia non sta zitta dinanzi alla gigantesca opera di uma­nizzazione e di civilizzazione, intrapresa e portata avanti con coraggio e determinazione, da un Papa che mai si è lascia­to intimidire dalle ideologie del male, dai marosi del “di­sprezzo dell’uomo”, dall’accanimento dell’antiteismo. L’a­zione per il rinnovamento dell’uomo e della società, attra­verso il rinnovamento della Chiesa, lascia orme incancel­labili e tracce durature nella storia. Dinanzi a Giovanni Pao­lo II, la storia non sta e non starà mai zitta. I volumi di A­gnes e Zappella ne offrono la più ampia e convincente mo­tivazione.
 
 

 


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